sabato , 9 Novembre 2024
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LA MINORAZIONE VISIVA

Che cosa è la minorazione visiva?
Il termine «minorazione», adoperato dalla Costituzione (all’articolo 38) e dalla Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (all’articolo 3), è sinonimo di «menomazione». Quando la «minorazione» è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa determina un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
Dai diversi studiosi, la minorazione, viene intesa come compromissione dell’efficienza psico-fisica dell’individuo, nel termine più ampio dell’accezione. Tale compromissione può essere conseguente a lesioni di varia natura, con menomazione permanente anatomo-funzionale (menomazioni e patologie cagionanti un danno funzionale permanente).
L’espressione minorazione visiva in generale si riferisce ad una serie di situazioni in cui la capacità visiva non può essere corretta e ricondotta a ciò che viene considerato “la norma”. Qui viene usata per indicare una perdita di capacità visiva che rende difficile, o impossibile, effettuare i compiti connessi con la vita quotidiana, senza fare ricorso ad adattamenti speciali.
Spesso tale minorazione è dovuta alla perdita di acuità visiva, cioè l’occhio non è in grado di identificare i dettagli, ma può essere dovuta anche ad una perdita del campo visivo (la superficie totale che può essere percepita visivamente, senza bisogno di fare dei movimenti con gli occhi o con la testa).
Vi possono essere tre cause che danno luogo ad una minorazione della vista:

1) un danno che interessa una o più parti dell’occhio essenziali per la visione; tale danno può interferire con il modo in cui l’occhio riceve ed elabora le informazioni visive

2) le dimensioni del bulbo oculare possono non avere le giuste proporzioni e rendere così più difficile la messa a fuoco degli oggetti

3) può darsi che la regione cerebrale deputata all’elaborazione dell’informazione visiva non funzioni correttamente; può essere, quindi, che l’occhio sia perfettamente normale ma che il cervello non sia in grado di analizzare e di interpretare l’informazione visiva, mettendo il soggetto in condizione di vedere.

La minorazione visiva può essere presente al momento della nascita, oppure può sopravvenire durante l’infanzia o la fanciullezza; vi sono poi vari tipi di minorazione visiva che fanno registrare un peggioramento nel corso degli anni, altri casi che si mantengono stabili e altri ancora in cui si verifica un miglioramento.

Considerato che ogni condizione è soggettiva, anche in presenza dello stesso quadro clinico e della medesima forma di minorazione visiva, due soggetti possono avere una capacità visiva molto diversa fra loro.
Per una valutazione della vista si procede alla:

A) Misurazione dell’acuità visiva (ossia quanto chiaramente vede un soggetto)
L’espressione “visus di 20/20” rappresenta una misurazione di quanto bene un soggetto è capace di leggere una scheda contenente determinate lettere e/o numeri, di diverse grandezze.
B) Misurazione del campo visivo
Espressa in gradi serve a stabilire qual è la porzione di spazio circostante che il soggetto riesce a vedere senza muovere gli occhi e la testa. L’esame può presentare qualche difficoltà nel caso di bambini piccoli che non riescono a mantenere il capo in posizione eretta e fissare lo sguardo verso un punto.
Nella valutazione diagnostica si tiene conto anche della capacità di distinguere la presenza o l’assenza di luce, senza distinguerne la provenienza, nonché la capacità di distinguere la provenienza della luce.
Nel campo della minorazione visiva vi sono alcune classificazioni per descrivere, da un punto di vista quantitativo, la risorsa visiva di cui il soggetto dispone. Si è molto dibattuto sulle definizioni e sulla terminologia da usare, in presenza di soggetti affetti da minorazione visiva, tale da rispecchiare con precisione lo stato dell’abilità visiva dell’individuo, ma per questo vedi altri capitoli.
Per capire come un bambino usa la vista è necessario fare una osservazione sistematica nei diversi contesti di vita e una valutazione funzionale che dovrebbe vedere coinvolti sanitari, familiari, insegnanti e quanti si occupano dello stesso.
Osservandolo si potranno individuare anche quali sono i fattori che incidono sulla sua abilità ad usare la vista e tenerli sotto controllo. Alcuni bambini minorati della vista hanno una “vista fluttuante”, provocata da fattori quali cambiamenti di illuminazione, grado di familiarità o di complessità di un determinato compito, stanchezza; ma anche da fattori legati ad alcuni aspetti clinici, che si aggiungono o si combinano con i precedenti.

In relazione al ruolo che hanno ai fini della visione, le parti dell’occhio si possono suddividere in 3 gruppi, conosciuti rispettivamente come il sistema ottico, il sistema nervoso, ed il sistema a cui fanno capo i movimenti oculari: interagendo essi ci permettono di vedere.

Il processo della visione ha inizio nel momento in cui il sistema che sovraintende ai movimenti oculari dirige gli occhi in maniera da puntare e fissare un oggetto qualunque. Il sistema ottico allora mette a fuoco l’immagine. Dapprima quindi i raggi luminosi riflessi da un oggetto entrano nell’occhio attraverso la cornea, qui ha inizio il processo di incurvatura dei raggi luminosi, in maniera tale che essi vadano a convergere correttamente dietro la retina. Poi i raggi luminosi attraversano la pupilla e vanno a colpire il cristallino; i muscoli che si trovano nell’iride, intorno alla pupilla, si espandono e si con traggono, in modo che vi sia la giusta quantità di luce. Il cristallino quindi aggiusta con maggior precisione i raggi luminosi, in modo tale che le immagini che essi vanno a formare, proprio sulla retina, siano immagini chiare. I raggi luminosi che colpiscono i recettori retinici vengono convertiti in impulsi nervosi, grazie ad una reazione fotochimica, quindi gli impulsi nervosi vengono tra smessi al cervello attraverso il nervo ottico; infine il cervello “ela- bora” ed interpreta l’immagine proiettata sulla retina. Il nostro “vedere” non è altro che la percezione che noi abbiamo dell’immagine interpretata.

Se un bambino ha un difetto strutturale, significa che una o più parti di uno dei sistemi (ottico, motorio, nervo ottico) è poco sviluppata, o è danneggiata, oppure ha un cattivo funzionamento.
I difetti strutturali possono verificarsi prima della nascita (fattori ereditari, evento che ha interrotto il normale processo di sviluppo del sistema visivo), o successivamente per un fatto traumatico a cari- co dell’occhio, malattia, fattori ereditari, altre cause. Indipendentemente dal momento in cui si è verificato il danno, la cosa più importante è identificare il difetto visivo il più presto possibile e adottare subito tutte le misure possibili per ridurre al minimo le conseguenze sullo sviluppo e sull’apprendimento del bambino.

Alcuni difetti strutturali

• La cataratta – è un offuscamento del cristallino

• Il glaucoma – si ha quando la pressione del liquido contenuto nella camera anteriore dell’occhio è troppo elevata, per cui si può danneggiare il nervo ottico in maniera irreversibile

• Lo strabismo – un allineamento non corretto degli occhi

• L’albinismo – provoca uno sviluppo incompleto (ipoplasia) della macula

Vizi di rifrazione (tra i vari tipi: miopia, ipermetropia, astigmatismo)
La rifrazione è quel processo mediante il quale la cornea ed il cristallino deviano i raggi luminosi, in modo tale da metterli a fuoco sulla retina; affinché la messa a fuoco sia precisa, è necessario che il bulbo oculare abbia la giusta lunghezza, che il cristallino abbia la giusta potenza, e che la cornea abbia quella determinata forma; se una qualunque di queste parti non ha le giuste proporzioni, abbiamo una riduzione del visus; questo tipo di difetto visivo è conosciuto come vizio di rifrazione.

Difetto visivo corticale (“cecità corticale”)
E’ riconducibile spesso ad un danno alla regione della corteccia cerebrale preposta alla visione che impedisce al bambino di ricevere e di interpretare adeguatamente i messaggi provenienti dall’occhio.

Con la Legge 3 aprile 2001 n. 138, recante “Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici”, il legislatore ha inteso disciplinare e classificare le minorazioni visive, conformando la normativa italiana ai parametri assunti in materia dalla O.M.S.

art.2 – si definiscono ciechi totali:

a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi;
b) coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore;
c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento

  • art. 3 – si definiscono ciechi parziali:
    a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
    b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 %
  • art. 4 – si definiscono ipovedenti gravi:
    a) Coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
    b) Coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30 %
  • art. 5 – si definiscono ipovedenti medio-gravi:
  • a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
  • b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 %
  • art. 6 – si definiscono ipovedenti lievi:
    a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, anche con eventuale correzione;
    b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 %

La valutazione della perdita di campo visivo è sicuramente un grande passo in avanti per una congrua attribuzione del grado di invalidità da assegnare al disabile visivo ed anche per quanto riguarda il riconoscimento degli emolumenti economici, con la circolare n. 464 del 19 novembre 2004 del M.E.F.

La legge 2 aprile 1968, n. 482, recante “Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private”, definisce all’art. 6 privi della vista coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi con eventuale correzione … I privi della vista sono computati nel numero degli invalidi di guerra, del lavoro, per servizio e civili, che le aziende e le Amministrazioni sono tenute ad assumere ai sensi della presente legge, a seconda delle cause che hanno dato origine alla cecità”

La cecità, quali che ne siano il grado (totale o parziale) e l’origine (congenita o acquisita), costringe a interagire con l’ambiente tramite delle strategie comuni alla maggior parte dei ciechi e che sono generalmente visibili: le modalità di deambulazione, di letto- scrittura, la gestualità stessa, per citare solo qualche esempio, difficilmente passano inosservate ed è ovvio che gli interventi educativi e riabilitativi si prestano ad essere progettati e attuati secondo dei criteri ben definiti.

Al contrario del termine “cecità”, la voce “ipovisione”, insieme a termini come subvisione, deficit visivo, subefficienza visiva, ecc., si presta a svariate interpretazioni, dato che non fornisce alcuna indicazione precisa circa l’entità della visione residua.
L’ipovisione, a seguito delle cause che l’hanno determinata e del grado di limitazione della capacità visiva ad essa collegato, genera condizioni percettive e psico- fisiche diversificate da caso a caso e talora contrastanti, impedendo di ipotizzare dei percorsi educativi e riabilitativi standard.

Una delle sfide più importanti che l’ipovedente e il non vedente adulto deve affrontare è quella della elaborazione dei vissuti relativi alla propria invalidità e l’accettazione della propria condizione. Per quanto concerne l’impatto emotivo con i problemi della cecità Hollins (1989) fa notare come esso vari considerevolmente in relazione all’età in cui insorge la cecità stessa..

A scuola, nella progettazione dell’intervento didattico bisogna porre attenzione alla creazione in aula di un percorso preferenziale adattato (passamani lungo le pareti, percorso in rilievo sul pavimento), angoli smussati o ricoperti, utilizzo di materiali riconoscibili al tatto, ordine nella disposizione degli arredi e degli oggetti; predisporre sussidi, ausili, materiali didattici adeguati: testi in Braille, materiali in rilievo, fotocopie ingrandite, dattilobraille, video ingranditore, sedie e banchi ergonomici, ecc.

Per gli ipovedenti è necessario predisporre aule con illuminazione non violenta, banco vicino alla lavagna.
Nell’azione didattica bisogna privilegiare i giochi per sensibilizzare i compagni (camminare bendati con e senza guida, utilizzare tatto, gusto, odorato per conoscere la realtà; ricostruire lo spazio appoggiandosi solo all’udito, conoscere l’alfabeto Braille ecc; l’utilizzo vicariante di tutti gli altri sensi per mediare i concetti da apprendere; esplorazione degli spazi in cui si svolgono le varie attività; il rinforzo dell’uso del linguaggio e attività di memorizzazione; attività in cui si utilizzano gli altri canali espressivi (musica, scultura e manipolazione, cucina, “profumeria” ecc.).

In applicazione all’art. 34 della Legge 104/92, che garantisce alle persone in situazione di handicap certificato il diritto a ottenere dal Servizio Sanitario Nazionale protesi ed ausili tecnici, il Ministero della Sanità emana il cosiddetto nomenclatore tariffario. Sino ad oggi, però, lo stesso non prevede la concessione a costo agevolato o gratuito dei computer. Per questo tipo di ausilio, tuttavia, si può proporre istanza all’Assessorato Regionale per la Sanità che può, discrezionalmente, autorizzare la concessione “extra nomenclatore” dell’ausilio richiesto, purché ne sia documentata l’esigenza attraverso una certificazione sanitaria.

Un’agevolazione sicura, che tuttavia comporta l’anticipazione della spesa di acquisto, è costituita altresì dalla legge n. 30/97 che, all’art. 1, comma 1 lettera a), introduce nel Testo Unico delle imposte dirette, approvato con DPR 917/86, una ulteriore agevolazione.
Il costo dell’acquisto di ausili tecnici e informatici per l’autonomia è detraibile in misura pari al 19% dall’ammontare dell’Irpef da pagare nell’anno in cui si sia effettuato l’acquisto.

Inoltre la legge 449/97 all’art. 8 per l’acquisto di questi ausili riduce l’IVA al 4%.
Le istituzioni scolastiche, in presenza di alunni disabili della vista, devono effettuare le adozioni dei libri di testo entro il 31 marzo nei termini e nei modi indicati dalla circolare che viene emanata ogni anno dal MIUR. La C.M. 16 del 10 febbraio 2009, relativa all’adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2009-2010, recita “Per gli studenti con disabilità sono previsti libri di testo e strumenti rispondenti alle specifiche esigenze, sia sotto forma di testi trascritti in Braille per allievi non vedenti o con caratteri ingranditi per allievi ipovedenti, sia in forma digitale con prodotti che rispettino i requisiti previsti dalla normativa vigente ed in particolare il DPCM 30 aprile 2008 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2008), concernente le Regole tecniche disciplinanti l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi a favore degli alunni disabili”.
Il termine previsto per l’adozione è anticipato, rispetto alla scadenza fissata per fine maggio, per consentire agli operatori specialisti che devono procedere alla predisposizione qualificata di trascrizione dei testi di approntarne le versioni in braille o in caratteri ingranditi e alle stamperie del settore di procedere alla riproduzione dei testi.
A tale proposito il dirigente scolastico è invitato a collaborare con la famiglia dell’alunno disabile nella ricerca di agenzie e stamperie qualificate per la trascrizione, avvalendosi anche del supporto delle sezioni locali dell’Unione italiana ciechi.

Per i ciechi, le modalità alternative di accesso alle informazioni del computer sono di due tipi:

  • quella tattile attraverso il Display Braille, detto anche riga Braille, barra Braille o Braille labile, un dispositivo che, connesso al computer consente di leggere con il tatto (facendo scorrere i polpastrelli sulla barra), il testo che compare sul video, automaticamente convertito in codice Braille. Ciascun carattere è rappresentato da una celletta con 8 forellini disposti in due file di 4 perché il Display Braille utilizza il codice Braille a 8 punti, diverso da quello tradizionale a 6 punti usato nella stampa, offrendo una maggiore varietà di simboli per un maggiore numero di caratteri;
  • quella sonora per mezzo del sintetizzatore di voce o sintesi vocale.
  • I due sistemi per anni sono stati considerati come alternativi, escludendosi quindi a vicenda, ma oggi tendono ad essere usati in modo congiunto, almeno quando ciò è possibile. Con l’avvento dei sistemi operativi grafici, come Windows, un elemento indispensabile per l’accesso è diventato il cosiddetto Screen Reader (lettore di schermo), ossia un software che interpreta le informazioni di vario tipo contenute nello schermo e le fornisce in modo testuale, efficace e funzionale, all’utente che vi accede con periferiche alternative, siano esse tattili che sonore.
  • Altro ausilio importante è il Sintetizzatore di voce che, attraverso comandi specifici, consente di leggere per mezzo di un altoparlante o di una cuffia qualunque testo. Il sintetizzatore, nonostante fornisca una voce un po’ metallica, viene preferito dalle persone che non conoscono il Braille o che non avendo la sufficiente sensibilità tattile sono impossibilitate ad usare un DisplayBraille. La sintesi è inoltre particolarmente apprezzata perché consente il controllo istantaneo della tastiera, si può cioè leggere e verificare immediatamente quello che si sta digitando. Questo non è possibile con il Display Braille perché le mani possono essere posizionate o sul display per leggere o sulla tastiera per scrivere, ma ovviamente in momenti diversi.
  • Le Stampanti Braille sono strumenti che imprimono in rilievo dei punti su un foglio di cartoncino leggero, consentendo così alla persona cieca una lettura tattile. Queste stampanti sono in grado di stampare file di testo con circa 30 caratteri per riga e 30 righe per pagina. Le stampanti moderne possono stampare fronte-retro (interpunto) calcolando automaticamente un certo sfasamento fra i caratteri impressi nel fronte e quelli impressi nel retro, per impedire che i punti possano coincidere.
  • La DattiloBraille elettronica, è una apparecchiatura simile a quella normalmente utilizzata da persone non vedenti per la scrittura in Braille. La differenza da quella tradizionale è rappresentata da una minor pressione nella digitazione e da funzioni aggiuntive quali la stampa (per piccole quantità), il collegamento ad un personal computer, la possibilità di collegare un display in nero.
  • Le Braille portatili vengono chiamate anche notex braille e sono degli apparecchi e piuttosto leggeri che danno al non vedente le principali opportunità offerte del computer (scrivere, rileggere, salvare, esportare…) senza bisogno di periferiche aggiuntive. Hanno una tastiera Braille, anziché l’abituale alfanumerica, e un Display Braille. Non dispongono di uno schermo ma in alcuni modelli si trova la sintesi vocale. Sono ottimi per la loro maneggevolezza ma non offrono le prestazioni di un computer, anche se alcuni modelli possono essere collegati al PC e funzionare anche come normale Display Braille. A causa della mancanza dello schermo, è difficile condividere con altri il lavoro fatto; a scuola, ad esempio, con strumenti di questo tipo l’alunno rimane isolato.
  • Di fondamentale importanza è poi l’apporto all’autonomia che le nuove tecnologie possono offrire: dalla capacità di aprire da soli testi e volumi fino a quella di effettuare ricerche su dizionari ed enciclopedie. Ma ugualmente rilevante è il vantaggio offerto dall’accesso multimodaleai documenti. È un aspetto che incide profondamente sui rapporti educativi, sulla responsabilizzazione e sul coinvolgimento diretto degli insegnanti mettendo in crisi la tradizionale delega che purtroppo caratterizza spesso l’inserimento scolastico dei ragazzi ciechi. Ogni testo scritto è sempre disponibile direttamente sia in video che in Braille, e può essere stampato immediatamente in nero e in rilievo. Quindi, verrà esaminato e valutato direttamente dall’insegnante di classe che potrà anche seguire passo passo attraverso il monitor la produzione dell’alunno cieco e quindi farsi carico direttamente del suo percorso educativo, anche se non conosce per nulla il codice Braille. L’insegnante di sostegno potrebbe occuparsi della preparazione dei documenti multimodali e del materiale in rilievo o ingrandito, per collaborare con l’insegnante di classe nell’azione educativa. Egli diventa il principale promotore dell’autonomia personale; il suo compito sarà sempre meno quello di “fare in vece dell’alunno quello che lui non sa fare” e invece di fornire mezzi e strumenti affinché possa sempre più fare da solo

About Giada Billi

Giada Billi, laureata in Scienze Storiche cum laude all’Università di Bologna e in Psicologia clinica e riabilitativa all’Università di Roma. E’ docente e referente per l’inclusione e contro bullismo e cyberbullismo presso il liceo Torricelli Ballardini di Faenza. Ha pubblicato “rapporti economici tra Italia fascista e Germania nazista durante l’occupazione”per SBC e “Il default islandese” per YCP. E’ socia Mensa Italia dal 2000.
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